La nostra storia …
LA TRADIZIONE NON E’ CONSERVARE LA CENERE,
BENSI’ IL TRAMANDARE LA FIAMMA VIVA
(THOMAS MORE)
Correva l’anno 1926 quando mio nonno, Magri Luigi Abimelecco detto Bigì, all’età di 22 anni si sposava e apriva la Macelleria in via C.Battisti a Chiuduno ; il papà Bruno, nato nel 1929, inizia ad aiutare il nonno sin da bambino e ne diviene proprietario nel Gennaio del 1964.
Allora non c’erano orari di apertura e chiusura, quando al cliente serviva la carne, fosse anche di domenica, lo si serviva.
Al mattino presto alle ore 4,30, al suono dell’Ave Maria , le donne si radunavano fuori dalla bottega ad aspettarne l’apertura; prendevano la carne a pezzi, qualche ossa per bollire, frattaglie, nervetti e guanciali ecc…, quest’ultimi erano i principali ingredienti del piatto chiamato “i balosecc” che si cucinavano bolliti.
Degli animali macellati non si scartava quasi nulla, persino con il sangue le nostre nonne preparavano una gustosa torta. Le trippe si pulivano con il cucchiaio e si risciacquavano al ruscello, naturalmente senza guanti, anche d’inverno con l’acqua gelida. Il letame era molto richiesto per concimare i vasti campi che allora circondavano Chiuduno.
Il pagamento di ciò che i clienti compravano avveniva alla raccolta del fieno, del grano, dell’uva e con il baratto di alcuni prodotti dei campi; il vino ad esempio lo si dava ai clienti della trattoria adiacente al negozio, di proprietà del nonno.
Per conservare la carne non esistevano le celle frigorifere attuali, ma si andava con il carretto a Monasterolo, sul lago di Endine, a prendere il ghiaccio che si depositava in uno stanzino nel retro della bottega, oggi occupata dal locale anticella.
La macelleria è tutt’oggi ubicata nel centro storico “ il Piazzolo” , ai piedi della collina, e solo negli anni ’40 , con l’aiuto della fiamma ossidrica, s’è potuto ricavare una stanza nella roccia, ora adibita a cella frigorifera, ed incanalare i vari zampilli dell’acqua sorgiva sotterranea in un pozzo nel retro bottega. Negli anni s’è perso l’uso di questo pozzo, così dapprima s’è riempito di ghiaia e poi lo si è ricoperto con il pavimento dove oggi c’è il ripostiglio della carta e delle borse. Prima della macellazione, i bovini venivano legati fuori dal negozio, praticamente sul marciapiede della strada, per far ammirare la qualità; successivamente le bestie venivano portate nella stanza adiacente al negozio per essere macellate.
Oggi questo locale è adibito a laboratorio e si lavora la carne dei bovini, degli equini, dei suini e della cacciagione in generale e si preparano gli insaccati nostrani: dalla pancetta, alla coppa, al “culatello”, ai salami e cotechini di maiale, capra e bovino ecc..
Negli anni addietro, al Venerdì Santo, le mezzene macellate venivano esposte in bottega in bella mostra con ramoscelli di alloro e mandarini; era bello vedere nei clienti l’ammirazione che suscitava questa esposizione di bovini.
Sempre durante la Settimana Santa di Pasqua, i capretti venivano legati fuori dalla Bottega e i bambini portavano i biberon con il latte e davano loro da bere.
Oggi sono cambiati i tempi e con essi i modi e le abitudini, ma quanto di bello e buono porta con sé la tradizione è rimasto nella conduzione,che ancor oggi ne contraddistingue la “Macelleria Magri Bruno” di Magri Fabio.