Perché scegliamo o rifiutiamo un cibo?

 

PERCHE’ SCEGLIAMO O RIFIUTIAMO UN CIBO?

 

Il gusto alimentare è influenzato dalla cultura, dall’educazione e dai condizionamenti sociali ed emotivi; sarebbe riduttivo immaginare il gusto come una semplice sommatoria  di percezioni sensoriali. 

Le abitudini alimentari sono il risultato di un percorso di adattamento all’ambiente legato alla cultura e all’esperienza personale. Abitudini e gusti quindi si EDUCANO e si plasmano nel corso della vita.

Analogamente ad ogni forma di apprendimento le abitudini alimentari dipendono dalle acquisizioni della Memoria che permette di trarre beneficio dall’esperienza.

Esistono  vari tipi di memoria:

•Memoria delle pulsioni (si percepisce fame/ sete)

• Memoria sensoriale ( deriva dalla percezione dei diversi sensi)

•Memoria emotiva(legata al vissuto del cibo, alle emozioni che ne scaturiscono)

•Memoria procedurale ( legata ai gesti per trasformare e consumare cibo)

•Memoria cognitiva ( legata alla conoscenza e applicazione delle regole fondamentali del mangiar sano)

Per indirizzare le abitudini alimentari è necessario agire sui diversi strati della memoria.

-Se si potenzia solo quella emotiva/ sensoriale( come fa  la pubblicità)

si faranno scelte dettate dall’impulsività.

-Se si potenzia solo quella razionale, trascurando gli altri stimoli, si limita la capacità di preparare e degustare il cibo.

Sollecitare i sensi dei bambini con sapori e aromi artificiali o  aromi “naturali”, chiamati così solo perché la molecola non è ottenuta per sintesi chimica e non, come si potrebbe pensare, dall’alimento di cui si vuole imitare l’aroma (ad esempio l’aroma  del lampone viene ricavato dall’albero del cedro per limitare i costi, l’aroma della fragola viene ricavato dagli scarti di lavorazione del legno), allontanandoli dai luoghi di preparazione del cibo, privarli del piacere di mangiare in atmosfere adeguate alle loro esigenze emotive, significa plasmare i loro schemi percettivi e condizionare in modo irreversibile i loro gusti.

Il cosiddetto “ Marketing per l’infanzia” offrendo prodotti adatti ai bambini, influenza e convince i genitori dell’inferiorità qualitativa delle preparazioni casalinghe.

Senza nulla togliere ai progressi dei prodotti confezionati, il rischio è che fra la realtà virtuale della televisione e i cibi già pronti, i bambini avvicinino sempre più raramente i più comuni ingredienti di cucina e non imparino così a sceglierli e ad assemblarli. Questa è una delle premesse per l’omologazione dei gusti e la dipendenza dal mercato dei prodotti pre-confezionati.

Negli obiettivi educativi delle famiglie pare non rientrare la partecipazione dei bambini a tutti i rituali legati alla preparazione dei pasti. Incombenza che per forza di cose deve essere svolta rapidamente per motivi di tempo e nelle famiglie poco numerose, l’aiuto dei bambini viene richiesto raramente , quindi la cucina resta un luogo “tabù”.

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