IL CONSUMO DI CARNE IN ITALIA
Il consumo dei diversi tipi di carne, il modo di utilizzo dei diversi tagli differiscono in modo sensibile da regione a regione e da Nazione a Nazione, a causa di un fenomeno assai complesso, dai numerosi risvolti socio-economici. Dai dati ISTAT risulta che le risorse economiche destinate al cibo sono poco più del 20% del reddito, contro il 43% degli anni 1960, e per quanta riguarda la carne, dai dati risulta anche la diffusione di una preferenza gastronomica che si rivolge soprattutto al “piatto di carne” di rapida preparazione, mi sto riferendo alla BISTECCA, alla famosa FETTINA; dai dati risulta infatti che il 95% della richiesta italiana è rappresentata dai tagli cosiddetti pregiati del quarto posteriore e quindi del filetto, fettina, roastbeef, magatello.
Bisognerebbe allora inventare una razza di bovini privi di testa, zampe, interiora, spalle e costato. Visto che tale eventualità è piuttosto improbabile, forse è meglio ricordare che un bovino è costituito da diverse parti, tutte egualmente apprezzabili e nutrienti, e sapere che è possibile e facile risparmiare attraverso una scelta intelligente e personale , non guidata dalle mode e dalle ricette riportate da alcuni libri che propongono soprattutto i tagli del quarto posteriore.
Sarebbe più auspicabile invece in termini anticonsumistici rieducare il gusto, le abitudini degli italiani attraverso la riscoperta della Tradizione per riportarci verso una cucina rivisitata in modo più tradizionale, altrettanto e magari più gustosa e di pari valore energetico. Riscoprire la tradizione senza tuttavia coltivare atteggiamenti “nostalgici” verso i bei tempi andati, e chiudersi al rinnovamento, perché le scelte alimentari si modellano a partire dalla quotidianità. Non esiste una tradizione stabile e codificata da adottare tale e quale, ma dobbiamo contribuire attivamente a costruire la “nostra tradizione” che evolve incessantemente attraverso uno scambio continuo e dinamico con il presente.
Ci si augura di orientare il pubblico dei consumatori verso la totale utilizzazione dei vari “tagli” e non soltanto quelli posteriori, ponendo fine a una moda che non trova riscontro in nessun altro paese al mondo e soprattutto potremmo condizionare positivamente la domanda e l’offerta in campo zootecnico, riducendo:
- i prezzi,
- le importazioni dei quarti posteriori
- le conseguenze negative sull’ ambiente dovute al trasporto.