Cappone di Morozzo
Piemonte
A Morozzo tradizionalmente i capponi si fanno con la razza Bionda e, quando sono pronti, hanno una lunga coda nera con riflessi metallici e penne lucide rosso mattone orlate di blu o di verde. Si riconoscono perché non hanno né creste né bargigli e per un particolare che notano soltanto gli allevatori: durante le fiere e le mostre, nelle gabbiette e nelle ceste, i capponi sono placidamente affiancati in coppie, comportamento impensabile per due galli.
La preparazione del cappone è prerogativa esclusiva delle donne, perché richiede mani fini e abili. Ed è il coronamento di un lavoro paziente iniziato in primavera, con la schiusa dei pulcini. Nei primi giorni la loro dieta è a base di mangime vegetale e poi sono lasciati liberi: i galletti (e poi i capponi) devono disporre di almeno cinque metri quadrati di spazio all’aperto e sono rinchiusi solo la notte. La castrazione avviene ad agosto, permettendo ai capponi di crescere per altri quattro, cinque mesi e di essere pronti a Natale (non si macellano mai prima di 220 giorni).
La carne del cappone è morbida, tenera e delicata: i puristi la gustano semplicemente lessa e bagnata nel sale (o al limite accompagnata dal bagnet verde) ma può anche essere ingrediente di piatti raffinati, come il pasticcio o il cappone ripieno. Genitali, creste e bargigli si fanno soffriggere con un battuto di cipolla, rosmarino e pomodoro o si destinano al sugo di frattaglie, per condire il primo piatto più classico della cucina piemontese, i tajarin (a base di uova e farina, impastati, tirati e, secondo la migliore tradizione, anche tagliati a mano per formare sottili capelli di pasta che vanno appena scottati in acqua bollente).
Stagionalità
Il cappone tradizionale di Morozzo del Presidio Slow Food viene macellato ad un’età di almeno 220 giorni. Le macellazioni si concentrano nel periodo autunnale-invernale.